mercoledì 29 aprile 2020

PSICOLOGIA

pag. 182
-l’evoluzione del gruppo familiare nel tempo passa attraverso: momenti critici; normativi; paranormativi.
-le principali tappe del ciclo della famiglia sono: identità di coppia e responsabilità parentali.
-col passare del tempo il concetto di matrimonio si è evoluto, è avvenuto quindi l’abbandono del ruolo filiale per assumere quello di creatori di un nuovo nucleo sociale.
-i problemi che possono insorgere alla nascita del primo figlio sono che uno o entrambi i partner  si dimostrino incapaci di sostenere il peso della nuova responsabilità, mettendo in atto la modalità di fuga tipicamente adolescenziali.

pag. 188
-i principali motivi che portano il matrimonio al fallimento nella società attuale sono l’emancipazione femminile e la crescita di autonomia delle donne.
-il mediatore familiare è il genitore. Le reti sociali informali sono dei gruppi di persone che si rendono disponibili a dare aiuto psicologico, consigli o collaborazioni, attive in modo regolare e informale.
-secondo la teoria costruttivista, il conflitto all’interno alla famiglia è quello di innescare processi cognitivi ed evolutivi.
-per classificare i tipi di famiglie vengono prese in considerazione alcune variabili: il grado di coesione familiare e il grado di adattamento alle situazioni.
-le conseguenze di una famiglia poco organizzata e sbilanciata sul piano della coesione sono che hanno una tendenza alla disgregazione si situano a un polo estremo lungo l’asse dell’adattabilità.

domande pag. 192
-Gli effetti più dannosi per il bambino che subisce atti di pedofilia sono:
l’attrice condizione di dover mantenere il segreto, ottenuto spesso tramite minacce e ricatti, la distorsione del rapporto con l’adulto che esercita l’abuso fisico, che lo maschera e mistifica agli occhi del minore come atto di “affetto” e “protezione”.
-le situazioni di violenza psicologica più ricorrenti nella famiglia sono: violenze fisiche e psicologiche; situazioni di trascuratezza e abbandono; indifferenza.
-i casi di maltrattamento psicologico familiare sono più difficili da identificare e anche più dannosi perché subentra il ricatto psicologico che alcuni genitori fanno ai figli, nonché da situazioni di trascuratezza materiale o affettiva che negano ai bambini o ai ragazzi il soddisfacimento di fondamentali bisogni primari.
-le tesi principali su cui si basa la psicologia familiare sono:
un sistema interattivo all’interno della famiglia;
ogni comportamento individuale, viene letto e interpretato come funzione della relazione tra i componenti del nucleo familiare;
il sintomo in quanto espressione di una organizzazione disfunzionale.
-il doppio legame è un tipo di interazione in cui uno dei due interlocutori è esposto a messaggi contraddittori da parte dell’altro. Genera quindi effetti sul comportamento della persona, compromettendone l’equilibrio. È caratterizzato da: relazione intensa; due asserzioni che si escludono a vicenda; il ricettore non ha via d’uscita, il messaggio diventa una realtà pragmatica, la persona si trova quindi di fronte a due messaggi contraddittori per cui trasgredisce uno dei due, con conseguenti sensi di colpa.

lunedì 27 aprile 2020

ANTROPOLOGIA

pag. 235 Istituzione complete e austere

1. la prigione è un’istituzione nata da un modello di apparato correttivo che ha preceduto la legge
2. La prigione è un castigo egualitario perché riguarda la libertà, posseduta da tutti nella stessa quantità.
3. lo scopo della prigione è trasformare gli individui.
4. I fattori che collegano la prigione all'economia sono: il fatto che vengono monetizzati i giorni, i mesi e gli anni e il fatto che i detenuti stiano in prigione per "pagare il proprio debito".
5. La prigione appare agli uomini come un castigo "evidente" e "naturale" perché sanno che se commettono dei reati la loro pena sarà scontata al suo interno. 
6. A parer mio non è possibile ottenere un paragono riguardo l’accostamento scuola-prigione.
nonostante ci sono alcune somiglianze nei metodi, lo scopo della scuola è della prigione è lo stesso ossia quello di trasformare individui. ciò nonostante gli studenti non sono rinchiusi ma sono liberi.

giovedì 23 aprile 2020

ANTROPOLOGIA

L'IDENTITA' ETNICA E LA POLITICA DEL RICONOSCIMENTO
Diversi studiosi antropologi contemporanei, hanno evidenziato come l’identità, e particolarmentel’identità etnica, sia un concetto complesso, definibile  come “la rappresentazione di un insieme di valori, simboli e modelli culturali che i membri di un gruppo etnico riconoscono come loro distintivi”. Quest’identità etnica riflette una costruzione che si invoca come distintiva a seconda delle circostanze, dei tempi e delle situazioni.
L’identità etnica è dunque qualcosa di socialmente costruito dai vari gruppi sociali in relazione agli altri gruppi di una stessa comunità. Gli eventi esterni possono determinare il suo impiego perciò l’uso di una certa “identità etnica” può essere fluido e flessibile ed adattarsi in maniera strategica a seconda della temperie, anche politica, alla collettività di cui è parte. Quindi una rappresentazione che si costruisce sulla differenza, su tratti distintivi utilizzati per contraddistinguersi: si tratta di definizioni mediante cui un determinato gruppo si auto-attribuisce una omogeneità interna e, alo stesso modo, una diversità rispetto ad altri.
La definizione di identità etnica elaborata criticamente dagli antropologi, è  frutto di un’intensa frequentazione degli “altri”, ed è stata elaborata verificando sul campo come i diversi gruppi locali si definiscono e come si relazionano nei contesti più ampi di cui sono parte.
L’antropologia culturale è una materia che studia le differenti culture contemporanee ed ha avuto bisogno di elaborare concetti come quello di identità etnica per comprendere ed analizzare le diverse realtà sociali con cui si confrontava: dagli Inuit del Canada alle popolazioni andine del Perù, dalle tribù nomadi dell’Iran e Pakistan alle società segmentarie dei Nuer del Sudan, dalle caste Indiane alle popolazioni nilotiche, dagli argonauti del Pacifico Occidentale agli Indiani d’America.
Gli Uroni erano sedentari e produttori di mais, al centro di una rete di scambio coinvolgente nu­merosi gruppi, limitrofi e lontani. Con l’arrivo dei francesi essi vennero coinvolti progressivamente nella caccia finaliz­zata al commercio delle pelli, cosa che andò a modificarne la cultura. Inoltre, nel corso degli anni, le epidemie, e poi le guerre con altri indiani, finirono per decimare gli Uroni che, come ultimo atto, vennero dispersi su terre che non erano le loroDa allora sono vissuti protetti dal governo canadese per­dendo progressivamente, oltre alle loro terre, la loro cul­tura.
Chi sono oggi gli Uroni? Nel 1968, anno in cui Eugeen Roosens condusse le sue ricerche nel villaggio urone, gli abitanti di quest’ultimo erano un po’ meno di mille e rappre­sentavano la più numerosa comunità di questi indiani in tutto il Canada. Loro atteggiamento caratteristico era il richiamo continuo al passato per validare la propria posizione nei confronti del governo cana­dese. Poiché i circa mille abitanti sono discendenti di individui che per secoli si sono mescolati a francesi e inglesi, non è possibile distinguerli somaticamente tra loro. Anche la loro cultura differisce solo in mi­nima parte da quella dei franco-canadesi. I nomi di fa­miglia sono quasi tutti francesi. Non parlano nemmeno più la loro lingua. Infatti gli Uroni hanno finito per sviluppare quella che Roosens chiama una contro-cultura: una creazione del presente che però ha l’apparenza di presentarsi come “autentica” e distin­ta sia da quella dei non indiani, sia da quelle degli altri gruppi indiani.

PEDAGOGIA

KANT E LA LEGGE DEL DOVERE
Kant ha insegnato pedagogia tra il 1776 e il 1787. La sua riflessione partiva da alcuni testi di pedagogia, dai quali poi si è distaccato, di Rousseau e a Locke. La pedagogia di Kant era prganizzata in diversi momenti: l’Introduzione, dedicata ai problemi di pedagogia generale; l’Educazione fisica o naturale, dedicata alla dimensione strettamente fisica e anche a quella intellettuale; l'Educazione pratica o morale, dedicata all'abilità, alla sagacia e alla moralità.

L'educazione è considerata come un'esigenza primaria dell’uomo. L'uomo infatti è quello che è proprio grazie all'educazione. Questo cammino verso la realizzazione piena dell'umanità prosegue di generazione in generazione. Attraverso l'educazione si può arrivare a sviluppare le potenzialità umane e le conoscenze. Secondo Kant nella natura dell’uomo risiede un’animalità istintuale che deve essere disciplinata dall’esterno per poi essere sottomessa alla ragione. Gli istinti devono essere sottomessi dalla disciplina, che ha così un compito negativo; mentre l’istruzione deve servire per insegnare a pensare e raggiungere i propri scopi ed in quest'ottica assume un compito positivo. Accortezza e moralità si possono sviluppare grazie alla formazione pratica. 


Quello che differenzia l'uomo dagli animali è invece la capacità di porsi una legge morale. L’educazione pratica riguarda l’agire dell’uomo e comprende l’abilità, la prudenza e la moralità. La prima deve diventare una maniera di pensare; la seconda la capacità di servirsi dell’abilità; e la terza il dominio delle passioni realizzato dal carattere. Il carattere di un giovane si può formare attraverso un esercizio costante del dovere verso se stessi e verso gli altri. Kant associa quindi la moralità all’obbedienza, cioè ad una legge morale che comanda di agire in senso universale ed è libera da fini particolari e da moventi esterni. Kant pensa che per sua natura l’uomo non sia né buono né cattivo. Può diventare moralmente buono grazie alla virtù (padronanza di se). Si deve uscire dallo stato di natura evitando l’insorgenza di vizi indotti dalla società, accettando i giusti principi e una avversione interiore verso tutto ciò che è moralmente spregevole. Il timore della propria coscienza dovrà sostituire il timore di Dio o degli uomini come determinante dell’azione.
GLI STADI DELL'ISTITUZIONALIZZAZIOE DEL POTERE
In Fenomenologia del potere di Heinrich Propitz troviamo degli assunti interessanti sul “potere”. In primo luogo, lo studioso tedesco afferma che il potere è un elemento universale della socialità umana. In secondo luogo, distingue quattro forme antropologiche fondamentali di potere: il potere di offendere, basato sulla violenza; il potere strumentale, basato sulla preoccupazione del futuro; il potere d’autorità, basato su norme di riconoscimento; infine, l’agire tecnico, che esprime il potere di creare dati di fatto.
In terzo luogo, Popitz parla dell’onnipresenza del potere in tutti i rapporti umani: «Il potere si annida dappertutto, si tratta solo di imparare a vederlo». In generale, secondo Popitz, «la parola potere fa riferimento a qualcosa che l’uomo è in grado di fare, alla sua capacità di imporsi su forze estranee».

In particolare, Popitz fa dipendere ciascuna di queste forme alla corrispondenza tra dipendenze vitali e facoltà dell’agire umano. Il potere di offendere, di stabilire norme, di agire in modo tecnico sono facoltà dell’agire costitutive dell’uomo, alle quali corrispondono la vulnerabilità, la preoccupazione per il futuro, il bisogno di norme e di riconoscimento, il legame con gli artefatti.

Tuttavia, se andassimo a fondo di questa analisi del potere, scopriremmo che le quattro forme possono essere ridotte a una sola: al potere coercitivo, al potere cioè capace di imporre la propria potenza al fine di orientare la condotta altrui. Insomma, per Popitz «gli uomini sono in grado di fare del male agli altri uomini direttamente, e inoltre possono influenzarli pesantemente agendo su aspettative, norme, artefatti».

Dal mio punto di vista, per quanto taluni presupposti di Popitz siano pienamente condivisibili, ritengo tuttavia che in questa analisi alcuni aspetti del potere siano rimasti un po' in ombra. Ciò dipende, a mio parere, dal fatto che un concetto quale quello di potere è intessuto da una molteplicità di altri concetti, ossia dal fatto che tale concetto rimanda a una rete complessa di concetti, rete difficile da districare.

Ad esempio, nei rapporti di potere non potrei mai confondere tra il “costringere” e/o l’“influenzare” qualcuno a scegliere una determinata condotta. In pratica, tra il potere coercitivo, che tende a imporre una scelta e il potere persuasivo, che tende a proporre una scelta, esiste una differenza ben netta. Nel potere persuasivo, la decisione ultima, quella di compiere o di non compiere una determinata scelta, spetta comunque al soggetto destinatario di tale potere. Altrettanto non possiamo dire del potere coercitivo, dove la libertà d’agire è fortemente limitata. Così, tra la minaccia messa in atto dal potere coercitivo al fine di ottenere obbedienza, e la promessa avanzata dal potere persuasivo al fine di ottenere un consenso sussiste una notevole differenza. Così, tra la punizione che consegue alla disobbedienza, e la mancata ricompensa che consegue al mancato consenso. Così, tra il subire un ricatto e suscitare una speranza. E potrei continuare con altri concetti.

Ovviamente, il concetto di potere può essere declinato in molteplici modo, ed essere qualificato in funzione dell’istituzione politica o sociale che lo esercita, e parlare di potere normativo, costituente, temporale, spirituale, emissivo, discrezionale, razionale, promissivo, attrattivo, ecc., nondimeno, se andassimo a fondo nella nostra analisi troveremmo che ciascuna di queste tipologia di potere usa una specifica risorsa, vale a dire è il modo in cui la “risorsa” viene impiegata a dare al potere configurazioni diverse.

Come si può comprendere, ogni forma di potere mette in atto una specifica sequenza di concetti, ai quali corrispondono specifici comportamenti o atteggiamenti. Ora, secondo la mia ipotesi, le forme di potere attraverso le quali è possibile indurre qualcuno a compiere qualcosa sono tre: coercitivo, persuasivo e suggestivo. Nell’analisi fenomenologica, i tipi di potere più indagati sono senza dubbio il primo e il secondo. Del potere suggestivo, non mi pare che ci siano effettuate grandi analisi.

In sintesi, il potere coercitivo si manifesta quando si obbliga qualcuno a compiere una determinata ed unica scelta escludendo ogni altra possibile scelta. L’effetto del potere coercitivo è l’obbedienza. Il potere persuasivo si manifesta quando si vuole convincere qualcuno a prendere una determinata decisione scegliendo tra diverse opzioni. L’effetto del potere persuasivo è il consenso.
Il potere suggestivo rimane quello maggiormente avvolto tra le nebbie delle riflessioni sul potere. Forse, questa maggiore evanescenza del potere suggestivo dipende dal fatto che i suoi meccanismi non sono così visibili come lo sono invece nelle altre due forme di potere.

venerdì 3 aprile 2020

ANTROPOLOGIA

LA NOZIONE DI CLASSE SOCIALE IN MARX
La nozione di casse sociale è strettamente legata alla tradizione economica europea, sviluppatasi soprattutto nell'epoca della rivoluzione industriale. Karl Marx, un filosofo tedesco vissuto proprio in questo periodo, riteneva che la storia della società fosse caratterizzata dalla "lotta di classe".
Con questa espressione Marx, che la storia è mossa dal continuo confronto tra gruppi sociali con interessi diversi: la società moderna è nata dallo scontro tra la borghesia e l'aristocrazia, e dal trionfo della prima sulla seconda.
La Rivoluzione industriale aveva dato origine ad una classe sociale antagonista, il proletariato urbano, che avrebbe allontanato la borghesia e instaurato una società di uguali

Classi e gruppi occasionali
La divisione della popolazione in classi ha a che vedere con la divisione del lavoro. Il lavoro rappresenta una nuova classe sociale, che determina classificazioni e discriminazione. Questa nuova classe prende il nome di gruppo occupazionale.

ANTROPOLOGIA

ETNIE ED ETINICITA'
I termini "etnia" ed "etnicità" sono oggi usati in ambiti politici e letterari, ma quando si tratta dell'antropologia i termini cambiano significato.
L'etnia è un gruppo di persone identificabile con una cultura, corrisponde dunque ad un sentimento identitario di carattere statico, storico ed eterno: l'etnicità. La nascita di un'etnicità è frutto, infatti, di un lungo processo storico, che si costituisce dall'interazione tra individui ed altri gruppi.
Alcuni antropologi sono arrivati a definire l'etnicità come la sfera dei "sentimenti primordiali", ovvero delle ragioni ultime per sentirsi appartenenti ad un gruppo stabile nel tempo.

ANTROPOLOGIA

SESSO E GENERE
Questioni centrali nella determinazione dell'identità individuale, sono le definizioni di sesso e di genere.
Il sesso è l'identità che deriva dalle caratteristiche naturali ed anatomiche dell'individuo. Il genere è invece un modo di concepire culturalmente le differenze sessuali.
Negli anni '20 e '30 del Novecento, l'antropologa statunitense Margaret Mead intraprese delle ricerche, attraverso le quali mostrò come presso i popoli del Pacifico da lei studiati, i tratti del carattere maschile e femminile, fossero determinati più da una predisposizione culturale che biologica.
Sulla scia di queste ricerche, gli antropologi si occuparono di studiare e differenze di genere dal punto di vista emotivo: notarono che di nuovo si trovavano di fronte a costruzione di tipo sociale.
La distinzione tra sesso e genere è fondamentale, poiché contrariamente a quo che si crede, la distinzione esiste ed è sostanziale. Nelle nostre società passate, però i ragazzi e le ragazze riceverono un'educazione basata sula loro predisposizione biologica, anche se ultimamente si sta iniziando a favorire un'educazione neutra, senza cioè distinzioni di genere.

ANTROPOLOGIA

LA PERSONA
La persona, presso le culture occidentali, è l'insieme delle caratteristiche che distinguono un essere umano da altri esseri viventi o inanimati e che varia a seconda delle cultura.
Però una persona non è la stessa cosa di un individuo: una persona è una creazione sociale, dunque si crea nel momento in cui esiste una relazione sociale, mentre l'individuo è un singolo biologico. Dunque l'accezione di persona riguarda come l'individuo entra in relazione con il gruppo sociale.
Come sottolineò Marcel Mauss nel suo saggio "l'idea di persona", l'idea di individuo in quanto soggetto svincolato dal contesto sociale è svincolato dalla cultura.

ANTROPOLOGIA

EMOZIONI E SENTIMENTI COME ELEMENTI COSTITUTIVI DEL SE' 
Le emozioni e la loro espressione sono spetti importanti nella costruzione del soggetto umani, in relazione sia al mondo interiore che esteriore, verso la natura e la società.
I sentimenti in genere sono i concetti che una cultura possiede di un determinato stato d'animo, cioè dell'emozione che nella sua forma elementare è molto più simile a una sensazione.
Gli antropologi sono d'accordo su un punto: gli stati d'animo non sono universali, ma cambiano da cultura a cultura. Essi sono infatti soggetti culturali, ovvero avvertiti un modo differente tra persone e tra fasce d'età.
Molte culture presso le quali gli antropologi hanno condotto ricerche sulla dimensione dell'interiorità mancano di un termine unico  per definire le emozioni nella loro totalità: esse sono sempre modulate in base al contesto e al carattere della persona.
Per esempio gli Infaluk, un piccolo popolo di un'isola in Micronesia, possiedono due nozioni: metagu e song. Il primo termine indica paura e il secondo collera, ufficialmente, ma in realtà il loro significato vero e proprio varia in base al contesto.

ANTROPOLOGIA

GLI ABITI COME BARRIERE
Ci sono dei popoli invece, per i quali ilo corpo deve rimanere coperto, attraverso lunghi abiti tradizionali.  Come capita con il burqa, ad esempio, o in altre realtà orientali generali.
Tuttavia, anche se le realtà sono di base orientale, anche in occidente esiste un limite culturale sopra il quale è illecito mostrarsi in nudità: è chiamata soglia del pudore e varia da cultura a cultura.

ANTROPOLOGIA

IL CORPO CULTURALMENTE DISCIPLINATO
Le emozioni e i sentimenti sono inclinati dal corpo attraverso modelli culturali inconsapevolmente appresi. Questo modo di stare al mondo è stato oggetto di studi sin dall'antichità. Ormai, infatti, il corpo è culturalmente disciplinato come ha sottolineato il filosofo francese Michel Foucalt, in uno studio sui meccanismi di controllo e di repressione nell'Europa moderna. 
Il controllo del corpo è disciplinato da i modelli culturali in vigore sia nella sfera pubblica, che nella sfera privata.
La società cerca di imprimere nel corpo degli individui i segni della sua presenza, come se fosse un modo per farsi riconoscere. Però, anche l'individuo stesso lo utilizza per rappresentarsi.
Uno di questi veicoli è rappresentato dal pudore:
Ad esempio, presso alcuni popoli stare nudi o seminudi è ritenuto normale, sia per gli uomini, sia per le donne, come accade presso le tribù amazzoniche e dell'Africa. 

ANTROPOLOGIA

IL CORPOIl corpo è, in effetti, una specie di mediatore tra, la nostra coscienza e il mondo, un mezzo attraverso il quale entriamo in relazione con l'ambiente che ci circonda.
Noi comprendiamo il mondo che ci circonda perché il nostro corpo è stato esposto a quel mondo, e lo conosciamo. Questa conoscenza del mondo sta alla base di ciò che il sociologo francese Pierre Bourdier ha chiamato habitus, cioè il complesso degli atteggiamenti psicofisici mediamente i quali gli esseri umani stanno nel mondo.
E' importante sottolineare che il nostro stare nel mondo è uno stare di natura culturale, ovvero basato su abitudini ricorrenti nel tempo.

ANTROPOLOGIA

IL SE' E L'ALTRO

Con il termine "mondo", in antropologia, si intende l'insieme di tutte le relazioni umane che si vengono a tessere nel tempo. 
Sé e l'altro sono due espressioni che vengono usate in riferimento sia a soggetti individuali sua a oggetti collettivi: nel primo caso entra in gioco la distinzione tra io/tu, nel secondo caso noi/voi.
Queste distinzioni riguardano il modo in cui gli individui e gruppi hanno concepito, in maniera molto generale, la propria relazione con l'identità e l'alterità. Infatti il problema è sempre chi siamo noi e chi sono gli altri.
Però molto spesso queste due realtà vanno ad intrecciarsi: noi facciamo parte di un Sé collettivo, un noi e si realizza attraverso comportamenti e rappresentazioni che contribuiscono a tracciare dei confini di separazione, ma anche di appartenenza. Molto spesso però, questi legami possono risultare fragili.

PEDAGOGIA

LOCKE E LA SOCIETÀ INGLESE TRA SEICENTO E SETTECENTO 

Vita e opere
John Locke fu uno dei massimi filosofi inglesi, fu una personalità dai tratti eclettici. Negò l'esistenza di idee innate, affermando l'esperienza sensibile. Elaborò un'analogia tra una stanza oscura e l'intelletto inesperto, ritiene che l'intelletto umano non sia molto diverso da una stanza priva di luce. 

LA FORMAZIONE DEL CARATTERESecondo Locke, lo scopo dell'educazione era quello di formare un giovane che si sapesse comportare: il gentleman, un uomo dotato di valori morali.  Oltre che a scuola, l'educazione ai valori morali doveva avvenire a casa, da parte della famiglia: era il padre o il precettore ad insegnare il buon comportamento e le buone maniere.
Anticipando alcuni principi pedagogici di Rosseau, Locke  sosteneva che il bambino si dovesse muovere, che il suo corpo dovesse essere abituato all'aria aperta.
 L'educatore rappresenta le leggi alle quali l'allievo deve sottostare, e a cui deve sottomettere la propria volontà per sapere agire e decidere in forma autonoma.
Le punizioni fisiche erano ovviamente abolite.
L'azione del precettore doveva essere moderata e paziente, nel rispetto delle capacità e dell'interesse dell'educato, sulla linea delle pedagogie di Ratcke e Comenio.

PEDAGOGIA

L'EDUCAZIONE INTELLETTUALELe nuove condizioni relative alle facoltà cognitive dell'uomo richiedevano un aggiornamento dei metodi di insegnamento e dei programmi scolastici: nacque così l'educazione dell'intellettuale, ovvero un'educazione specifica di contenuti. Infatti, prima di queste riforme l'educazione era abbastanza sterile, e si limitava a fornire un'educazione generale e poco utile.
Dunque, la riforma stette nel fornire a chiunque, non solo ai grandi ricchi, una cultura ampia e specializzata.
Inoltre divenne obbligatorio l'insegnamento del latino come seconda lingua d'eccellenza (le materie venivano fatte in volgare).
La religione, però, rimaneva ancora di grande influenza.

PEDAGOGIA

TUTELARE LA SALUTE DEI BAMBINI
Grazie anche alla spinta da parte della medicina infantile, nacque il sentimento di pietà nei confronti dei bambini, e un dovere di tutela e di cura nei loro confronti. Oltre che nella medicina, questa visione di perpetrò anche nella pedagogia: l'infanzia non era più un'età senza scopi, ma l'età dedita all'apprendimento, data la grande facilità di apprendimento che veniva riscontrata. L'infanzia viene adesso concepita come una tappa fondamentale nello sviluppo di un individuo, a cui doveva essere concesso di crescere  in modo sano e di integrarsi in un contesto sociale.
La tutela della salute dei bambini costituiva la migliore garanzia per la loro sopravvivenza e il fondamento di ogni educazione.

PEDAGOGIA

NUOVE PRATICHE EDUCATIVE: UNA NUOVA IDEA DELLA MENTE UMANANel corso del Settecento in tutto il continente europeo, si svilupparono nuove tecniche educative, sia scolastiche che strettamente familiari, e proprio in questo periodo si andarono a configurare le norme pedagogiche attuali.
Una delle maggiori riforme fu il rinnovamento della concezione delle facoltà cognitive, che ebbe tra i suoi ispiratori John Locke: nacque una nuova idea del funzionamento della mente e delle capacità di apprendimento, mettendo in crisi l'idea dell'innatismo, secondo la quale l'uomo sarebbe nato con alcune idee già impresse nella mente. La migliore conoscenza dei processi mentali dell'essere umano portò all'individuazione della conoscenza nell'esperienza e nella capacità sensoriali ed intellettive. 
Da qui nacque l'empirismo, corrente filosofica secondo la quale il mondo debba essere conosciuto strettamente attraverso l'esperienza e attraverso i 5 sensi.

PSICOLOGIA

LA FAMIGLIA- DALLA FAMIGLIA NUCLEARE AI GRUPPI FAMIGLIARI
Al giorno d'oggi è molto difficile dare una definizione assoluta di famiglia, poiché negli ultimi anni si sono venuti a creare molti tipi diversi di famiglia. Già gli studi di antropologia svolti intorno agli inizi del Novecento avevano sottolineato come la famiglia mononucleare (composta da genitori e figli) non rappresentava l'unica tipologia di famiglia possibile. A seconda del contesto culturale e geografico, ma anche all'interno di una stessa società, si possono trovare diverse tipologie di famiglia.
Nel volume "Famiglie", la psicologa sociale Laura Fruggeri, definisce come famiglia tutti quei gruppi sociali che soddisfano la maggior parte dei propri bisogni e scopi dei propri membri.
Si sottolinea dunque la dimensione collettiva della famiglia insieme alla dimensione individuale dei membri del gruppo che hanno scopi ed esigenze proprie da perseguire in autonomia. La coesione, all'interno di una famiglia, può essere mantenuta affrontando i problemi e i confitti in modo aperto.

La famiglia patriarcale
In passato, la tipologia di famiglia più diffusa era la famiglia patriarcale, composta da più nuclei che vivevano in un'unica abitazione a una grande struttura allargata  basata su un sistema di tipo gerarchico, il cui vertice era il nonno.

PSICOLOGIA

IL POTERE
Il potere è la capacità di un individuo di influenzare e controllare il comportamento altrui. Esso si esprime in diverse forme:

  • il potere di ricompensa, la possibilità di attribuire gratificazioni materiale o simboliche;
  • il potere coercitivo, cioè la possibilità di imporre sanzioni e punizioni;
  • il potere legittimo, condivisione di norme;
  •  il potere di esempio, le persone si identificano in colui che detiene il potere;
  • il potere di competenza, riconoscimento di determinate competenze a una persona.

PSICOLOGIA

IL LEADER
Il leader è colui che esercita una maggiore influenza sugli altri membri del gruppo, imponendo regole e compiti per facilitare il raggiungimento degli obbiettivi, e solitamente occupa gerarchicamente i posto più alto.
Il leader assolve anche un ruolo socio-emozionale che riguarda il raggiungimento dell'armonia tra colleghi, e un ruolo relativo all'assegnazione dei compiti: nel primo caso si parla di leader espressivo, nel secondo di leader strumentale.
Le leadership possono essere di vario tipi:
  • autoritaria: caratterizzata da severità, spirito conservatore e incapacità di delega;
  • democratica: caratterizzata da capacità di delega, sensibilità e capacità di responsabilizzazione;
  • permissiva: abdicazione del leader per lasciare l'iniziativa spontanea degli individui.

PSICOLOGIA

LE NORME E LE LORO FUNZIONI
Le norme sono l'insieme delle aspettative condivise dal gruppo rispetto al modo di comportarsi del gruppo stesso, e sono dunque regole di comportamento.
Le norme hanno diverse funzioni importanti: delimitare la libertà individuale prima che sfoci in devianza, mantenere saldo il gruppo, il raggiungimento di obbiettivi, costruzione d sistemi di riferimento e definizioni di rapporti con l'esterno. Possiamo definire deviante quel comportamento o quell'atto commesso da un singolo o da un gruppo di persone che viola le norme di una comunità , che di conseguenza subirà delle sanzioni. L’atto deviante può essere sia di natura legale che morale e di conseguenza la sanzione può esprimersi con la reclusione, il versamento di una somma di denaro ad esempio, o più semplicemente con l’emarginazione e il giudizio negativo da parte della società.


La comunicazione all'interno del gruppo
La comunicazione all'interno di un gruppo è fondamentale. favorisce lo scambio e il consolidamento  di relazioni interpersonali. I processi comunicativi possono essere di diverso tipo: 

  • la comunicazione a ruota centralizzata, cioè focalizzata su leader che decide i compiti dei componenti del gruppo;
  • la comunicazione a rete decentrata, cioè diffusa tra tutti i membri.

PSICOLOGIA

DIVERSITÀ DI STATUS E DINAMICITÀ DEL SISTEMAIl sistema di status si riferisce alla posizione che un individuo occupa all'interno di un gruppo e alla valutazione di quella posizione in una scala di valori. Esiste ad esempio, il leader, che detta regole e propone idee, e al di sotto di lui i collaboratori, che svolgono doversi compiti dettati dal leader.
Lo status di ogni membro può essere modificato se subentra un altro individuo all'interno di un gruppo, perché l'equilibrio prima innescato deve essere riassettato.
Il ruolo è l'insieme di aspettative condivise circa il mondo in cui deve comportarsi una persona che occupa un certo status all'interno di un gruppo. La suddivisione dei ruoli implica la divisione dei compiti facilitando il raggiungimento di obbiettivi comuni.

ANTROPOLOGIA

1.Quali sono i tre tipi di matrimonio ordinariamente riconosciuti? I matrimoni possono essere di tipo monogamico, poliginico e polindrico. ...